Muore Gian Maria Volonté, leggenda del cinema. Era il 6 dicembre 1994 

gian maria volonté

Molti, a ragione, lo citano fra i migliori attori italiani di tutti i tempi: interprete magnetico, versatile, incisivo. Quando recitava sembrava rubasse l’anima ai suoi personaggi, era un attore maturo sin dai suoi esordi. Gian Maria Volonté amava il suo lavoro e questo arriva ancora oggi, in modo prepotente, allo spettatore che ripercorre la sua filmografia.

 

All’inizio ha conseguito una certa fama internazionale grazie a Sergio Leone che gli ha affidato più di un ruolo da cattivo negli spaghetti western. Poi, col tempo, è diventato l’attore simbolo del cinema d’impegno civile e politico dimostrando tutto il suo talento con registi del calibro di Francesco Rosi, Elio Petri, Giuliano Montaldo. A 29 anni dalla sua scomparsa mi piace ricordarlo in tre film dove Gian Maria Volonté mostra tutta la sua poliedricità interpretando ruoli completamente diversi.

 

GIAN MARIA VOLONTE’: PER QUALCHE DOLLARO IN PIU’

 

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1965, Sergio Leone: si tratta del secondo film della cosiddetta trilogia del dollaro. Oltre ad un Clint Eastwood in erba ed a Lee Van Cleef, spicca per cinismo El Indio interpretato da Gian Maria Volontè. Rivedere questo film oggi fa capire quanto talento avesse e che strada luminosa avrebbe percorso in futuro. All’attore milanese viene affidato l’incipit del film.

El Indio è il capo feroce di una banda di fuorilegge che viene liberato nel Nuovo Messico dai suoi uomini. Lo fanno evadere dal carcere messicano e durante la fuga uccide spietatamente sia le guardie che il capitano della prigione. La crudeltà si legge nel suo volto quando lascia vivo solo un soldato perché possa raccontare a tutti quello che ha visto.

Come il più cattivo fra i cattivi, con quella faccia bella ma sporca. Se ci fermiamo un attimo a riflettere sul cast di questa pellicola italiana, possiamo capire quanto fiuto abbia avuto Leone nella scelta dei protagonisti. La carriera di Eastwood e Volontè è nata con questi spaghetti western per poi esplodere in continenti diversi. L’attore italiano alla fine del film muore, come capita sempre ai cattivi veri.

È il colonnello Mortimer, interpretato da Van Cleef, che lo ucciderà per vendicare lo stupro della sorella. El Indio l’aveva posseduta in modo brutale dopo aver ucciso il marito della poveretta. Mortimer non ritirerà nemmeno la taglia lasciandola incassare al Monco, il gelido Eastwood. Volontè sarebbe stato un perfetto antagonista di 007, nel ruolo da malvagio è credibilissimo.

Capisco l’amore di Tarantino per queste pellicole, per questi attori veri, per una sceneggiatura basica ma sincera che è tutto quello che serve per far funzionare un western.

 

GIAN MARIA VOLONTE’: SACCO E VANZETTI

 

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1971, Giuliano Montaldo, film girato con la volontà di fare nuovamente luce sulla vicenda realmente accaduta a Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, due anarchici italiani emigrati negli Stati Uniti D’America a inizio Novecento. Gian Maria Volontè è Vanzetti e la somiglianza fisica con il vero protagonista di questo triste avvenimento è impressionante.

Prima di girare, l’attore ha fatto uno studio molto dettagliato sulla storia, sui protagonisti, sul contesto storico e sulla difficile situazione vissuta da due poveri innocenti usati come capro espiatorio. L’abilità di Volontè è proprio quella di risultare follemente credibile, di farti immergere nel racconto pensando d’assistere ad un documentario interpretato dal vero Vanzetti.

Con lui recita anche uno straordinario Riccardo Cucciola che interpreta Nicola Sacco. 1920, America, a seguito di un attentato dinamitardo attribuito al movimento anarchico e mai rivendicato, vengono rastrellati numerosi italiani. Sacco e Vanzetti sono trattenuti con l’accusa di rapina a mano armata ed omicidio. Il processo, pur evidenziando la loro innocenza, condannerà a morte i due italiani.

Bartolomeo Vanzetti e Nicola Sacco moriranno sulla sedia elettrica nel 1927. Citiamo anche la colonna sonora del maestro Ennio Morricone. Volontè ha fatto un percorso lunghissimo, ha recitato in 56 film ed ha avuto il coraggio di affrontare tantissime sfide diverse.

 

IL CASO MORO: IL PRIMO AD INTERPRETARLO

 

Muore Gian Maria Volonté, leggenda del cinema. Era il 6 dicembre 1994 

 

1986, Giuseppe Ferrara: film tratto dal libro del 1982 intitolato I giorni dell’ira, il caso Moro senza censure di Robert Katz. È stata la prima pellicola cinematografica a narrare l’intera vicenda del rapimento di Aldo Moro interpretato da uno stratosferico Gian Maria Volontè. Il film offre una narrazione che si propone di essere neutrale. Gli stati d’animo di Moro sono quelli che si evincono dalle lettere scritte da lui stesso.

Ogni volta che rivedo questo film, capisco quanto Volontè giocasse per vincere: quando usciva con personaggio non temeva di non essere credibile perché aveva fatto uno studio maniacale di ogni stato d’animo. Ho accettato quel periodo storico proprio grazie ad una testimonianza così fedele dell’attore milanese. Il film ripercorre cronologicamente i 55 giorni del rapimento in Via Fani, sino al ritrovamento del corpo del presidente della Democrazia Cristiana in Via Caetani.

Volontè, per questo ruolo, ha vinto l’Orso D’Argento come miglior attore protagonista al Festival di Berlino nel 1987. È stato il primo ad interpretare sul grande schermo lo sfortunato politico caduto in mano delle Brigate Rosse. Dopo di lui, altri hanno tentato l’impresa. Fra tutti vorrei citare il film del 2003 di Marco Bellocchio, Buongiorno, notte. In quel caso è stato Roberto Herlitzka ad assumersi la responsabilità d’assumere l’identità di Moro. Devo dire che è stato altrettanto bravo e convincente. L’attore torinese ha confidato di stimare molto Volontè e di aver lavorato anche a teatro con lui.

Trovate facilmente su Youtube proprio una intervista di Herlitzka dedicata a Volontè, dove spiega divertito tanti aspetti del grandissimo attore anche fuori dal palco. Confessa anche che avesse un carattere non facile e che inizialmente non si ponesse in modo generoso con attori di minor fama. Afferma che al cinema molto probabilmente è stato il massimo per la sua capacità di mimesi nei confronti dei personaggi che interpretava. Dice che il suo Moro è stato eccezionale perché aveva una ricerca verbale importante, non si accontentava mai di trasformarsi soltanto fisicamente.

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