L’incendio alle acciaierie Thyssen è stata la tragedia avvenuta in ambiente lavorativo più grave nell’Italia contemporanea, legalmente non ancora conclusa. Il terribile evento deve essere necessariamente un monito affinché vengano rispettate le condizioni di sicurezza di ogni lavoratore. La morte degli operai del Thyssen Group è il simbolo di una società in continua lotta tra giustizia e denaro.
L’incendio nelle acciaierie Thyssen è avvenuto nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007; nell’incendio hanno perso la vita sette operai. Poco prima che avvenisse la tragedia c’era stato un fermo tecnico per manutenzione, i lavoratori all’interno dell’edificio successivamente hanno riavviato l’impianto 35 minuti dopo la mezzanotte. L’incidente è stato causato da un irregolare funzionamento di una delle macchine all’interno della fabbrica, questa ha prodotto scintille che si sono velocemente trasformate in incendio a causa di carte intinte d’olio attaccate alla macchina.
COM’E’ SCOPPIATO L’INCENDIO ALLE ACCIAIERIE THYSSEN
La carta serve in questi impianti a proteggere parte del macchinario evitando che una volta in funzione questo faccia attrito con se stesso durante il lavoro. Il materiale a protezione doveva essere usato per un tempo limitato, la carta invece nel tempo si è sfaldata accumulandosi in alcune parti del dispositivo.
Quello della linea 5 è stato il primo a prendere fuoco. Uno degli operai addetti al reparto ha provato a spegnere le fiamme con degli estintori all’interno della fabbrica senza riuscire a domarle, il successivo aiuto dei colleghi è risultato inutile a causa delle condizioni di sporcizia nella fabbrica: la carta e la segatura, anche questa usata per assorbire l’olio, sono state terreno fertile per la propagazione delle fiamme.
Nella fabbrica erano anche presenti macchine antincendio ma gli operai non hanno avuto tempo di poterle azionare: l’incendio si era propagato fino ad un tubo flessibile in cui passava olio ad alta pressione nebulizzato. Si spande così una nube di fiamme; sei degli operai a causa delle ferite subite sono morti un mese dopo l’incendio alle acciaierie Thyssen. Uno di loro, Antonio Schiavone, che aveva cercato di spegnere le fiamme girando intorno al dispositivo numero 5 muore poco dopo la fine della tragedia. Solo un operaio, Antonio Boccuzzi, addetto alla macchina antincendio, riesce a salvarsi subendo ferite non gravi.
CONSEGUENZE DELL’INCENDIO ALLE ACCIAIERIE THYSSEN
L’incendio alle acciaierie Thyssen porta subito ad accese discussioni: gli operai stavano lavorando in fabbrica già da 12 ore, inoltre, secondo la testimonianza di alcuni impiegati, i dispositivi di sicurezza non funzionavano correttamente, né era presente personale specializzato per questo tipo di imprevisti.
L’azienda tedesca ha sempre smentito ogni tipo di responsabilità. I media hanno riportato che la Guardia di Finanza avrebbe trovato un documento appartenente all’amministratore delegato delle acciaierie, Herald Espenhahn, in cui questo afferma che Antonio Boccuzzi debba essere necessariamente fermato con azioni legali: l’uomo minaccia la sopravvivenza dell’azienda. Il documento è una prova del tentativo di accusare dell’accaduto i sette operai che secondo l’A.D. si erano distratti sul luogo di lavoro.
I pubblici ministeri successivamente condannarono l’amministratore delegato per omicidio volontario e incendio doloso, altri cinque dirigenti del Thyssen Group vengono accusati di omicidio colposo e incendio doloso. L’azienda come persona giuridica viene accusata di omissione dolosa dei sistemi di prevenzione antincendio e antinfortunistici.
LA SENTENZA E GLI SCONTI DI PENA
Il 15 aprile 2011, la corte d’assise di Torino conferma l’accusa ai danni di Herald Espenhahn: l’uomo viene condannato a 16 anni e 6 mesi di reclusione, mentre altri cinque manager aziendali vengono condannati a pene che vanno dai 13 ai 10 anni di carcere. Una svolta decisiva nel processo avviene il 28 febbraio del 2013 dove sempre la corte d’assise di Torino modifica il giudizio in secondo grado: l’accusa cambia la condanna da omicidio volontario a omicidio colposo. Vengono quindi ridotte le pene degli imputati. Il 24 aprile 2014 la Suprema corte di cassazione pur confermando le accuse contro i manager dell’azienda, ordina un nuovo processo per modificare la sentenza. Una mutazione di pena non può mai essere più grave di quella precedentemente stabilita, questa può solamente essere confermata o diminuita.
Il 29 maggio 2015 la corte d’appello di Torino ridefinisce la pena degli imputati diminuendone gli anni di reclusione. Il 13 maggio 2016 la cassazione conferma la condanna per l’incendio all’acciaieria Thyssen. Il risarcimento alle vittime era stato proposto da parte dell’azienda per una cifra pari a 13 milioni di euro purché non si costituissero parte civile nel processo penale, cosa che non succede. Nel 2019 le famiglie degli operai morti insieme a Boccuzzi chiedono alla corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo di intervenire in quanto coloro che erano stati condannati in via definitiva non sono mai stati realmente reclusi.
Vengono accusati in giudizio il governo italiano e tedesco perché non sono stati in grado di imporre ai condannati la pena. Espenhahn ha replicato davanti alla corte costituzionale tedesca la violazione del principio del giusto processo e del diritto al contraddittorio. Secondo il manager durante il processo italiano mancava la traduzione in tedesco di alcuni documenti. Per l’imputato, inoltre, la condanna non ha fornito prove di una concreta negligenza individuale. La pena, in attesa di una decisione, è sospesa.
INCENDIO ALLE ACCIAIERIE THYSSEN OGGI
Il 6 dicembre è l’anniversario dell’incendio alle acciaierie Thyssen ma ancora non è stato condannato chi era risultato colpevole; una sofferenza, per i familiari, che dura da troppo tempo. Pensare al tragico incidente deve essere un chiaro avvertimento per evitare che un simile avvenimento riaccada.
Le condizioni di vita di alcuni lavoratori sono ancora, dopo più di un decennio dall’incendio, ancora subordinate al guadagno degli imprenditori; basti pensare a chi, lavorando in nero, è costretto a fatiche e rischi spropositati per ottenere una rendita poco più che sufficiente alle proprie necessità. Quello del denaro insanguinato della tragedia alle acciaierie Thyssen è un problema ancora attuale.