Nei soggetti affetti da obesità, ad esempio, in cui la dipendenza da cibo risulta palesata in maniera deduttiva, si identifica un’importante connessione fra la situazione fisica e un’insorgenza maggiore di parecchi problemi psicologici, tra cui quelli dell’umore, l’istinto suicida, l’ansia.
L’ANSIA DEL PESO FORMA
La dipendenza da cibo è una condizione in cui un individuo fa fronte a un senso di fame più grande di quello ritenuto auspicabile per la conservazione del peso forma, obiettivamente rivelabile o anche unicamente soggettiva.
Tuttavia, generalmente, viene riferita a una condizione di sovrappeso oggettivo oppure a un incremento di peso nel tempo e negli anni, con attimi di abbuffate o privo di essi.
L’ansia da cibo e l’inabilità a mantenere il controllo si acutizzano sensibilmente con il passare del tempo e a quest’angoscia si associano sensi di colpa, imbarazzo, sconforto, diminuzione dell’autostima, propensione alla solitudine, separazione dagli altri e diminuzione dell’operato in generale.
Non tutti i soggetti in sovrappeso e obesi risultano essere davvero preoccupati e scoraggiati per la propria forma fisica e in realtà non tutti seguono una dieta, alcuni di loro non ne hanno mai seguita una. Lo stesso ragionamento vale per alcune persone evidenziate come sottopeso, ma che non si identificano come anoressiche poiché non vivono in realtà con delle privazioni squilibrate.
Il problema insorge quando, invece, chi inserisce nella propria vita atteggiamenti di privazione perpetua o di abbuffata continua, lo fa poiché non riesce a controllare l’impulso e ne deriva quindi una reale preoccupazione per il proprio aspetto fisico.
Nel momento in cui la dipendenza da cibo diviene cronica e persiste negli anni, questa condizione porta a un aumento di peso nel tempo, spesso con qualche sprazzo di forzatura nell’autocontrollo e d’improvvisa perdita di peso in periodi di tempo ristretti e circoscritti.
Il fulcro centrale che definisce la dipendenza da cibo è la preoccupazione, l’ansia per il peso; se invece il soggetto, pur aumentando di peso, non è ossessionato dalla propria condizione, non ci si trova davanti a una dipendenza da cibo.
La bulimia e il binge-eating disorder si configurano a volte come step della dipendenza da cibo, oppure come segnali anticipatori. L’obesità, una vera e propria malattia cronica, è una circostanza che sufficientemente spesso si ricollega alla dipendenza da cibo, poiché è in rapporto di causa-effetto con una sofferenza interiore per la persona, con una tristezza emotiva e psicologica che comporta problemi fisici a catena.
PERCHE’ SI CADE NELLA DIPENDENZA DA CIBO
Per lottare contro la dipendenza da cibo, è prima di tutto funzionale occuparsi delle cause originarie, che da un certo punto di vista possono essere configurate come di natura sociale, oltre che psicologica: dall’uso di stupefacenti – che in questo caso si identificano con il cibo – per sopire un malessere, alla conoscenza che si ha nella società del tema dell’alimentazione e della dipendenza da cibo.
Anche solo riflettendo su quanto i nostri mass media investano sul tema dell’alimentazione, accentuandolo in modo incisivo, si può ricostruire mentalmente il profilo del classico soggetto veterano del cibo.
Allo stesso tempo, comunque, la nostra società vive anche la fobia del cibo, nel senso che conviviamo con una paura spesso esasperata nei confronti del troppo o del troppo poco cibo. Tali condizioni si configurano come basi per ingrandire il malessere psichico, giacché in molti soggetti sussiste una lotta subconscia con l’alimentazione, che può risultare deleteria.
È possibile altresì che si mostri una specie di reazione dannosa e sconclusionata all’astinenza da cibo, attraverso forme di anoressia o attraverso un impulso incontrollato dell’istinto a nutrirsi.
Studi recenti, che concentrano l’attenzione sull’affermazione di alcune tipologie di cibi ricchi di zucchero e di grassi, a discapito della vera dieta mediterranea, la quale ha assistito a un lento declino, assumono il concetto di diffusione capillare di alcuni prodotti, i quali inciterebbero alla dipendenza da cibo. A quanto sembra, si tratta di alimenti impostati in base a macronutrienti, per produrre il desiderio ininterrotto e l’assuefazione.
Ciò che più di tutto incoraggia questo processo di dipendenza da cibo è l’industria delle bibite gassate e zuccherate, per le quali più di una volta la sanità ha fatto suonare un campanello d’allarme.
Può sembrare esagerato, ma è reale il fatto che aggiungere glucosio a una bevanda crea nel cervello umano una sorta di desiderio crescente della stessa, come una qualsiasi dipendenza. Perciò, il glucosio è l’elemento più forte e con cui è più facile che si attivi la dipendenza cerebrale, poiché va a incidere sui neuroni e sulla parte del cervello che concentra le dipendenze, come quelle da altre sostanze.
Comunque, anche l’addizione di lipidi porta alle stesse conclusioni: ne deriva che siano sostanzialmente il glucosio e i grassi i principali responsabili di una configurazione degli alimenti come possibili agenti sulla dipendenza da cibo – maggiormente se presenti entrambi -.
Tirando le somme, va quindi detto che il problema non sono solamente i soft drink, ma più in generale il junk food, che incoraggia l’appetito e i meccanismi di soddisfazione, con la possibilità che si attivi una reale assuefazione e quindi una dipendenza da cibo.
Per i bambini e per i soggetti meno istruiti o più svantaggiati dal punto di vista socio-culturale può divenire più semplice ritrovarsi in questo circolo vizioso, spesso causa della condizione di obesità.
GIORNATA MONDIALE DELL’ALIMENTAZIONE: I SINTOMI DEL MALESSERE
La dipendenza da cibo può venire accertata sotto due punti di vista: il primo riguarda il tasso d’importanza e ossessività di una persona verso il cibo, il secondo s’incentra sull’inutilità degli atteggiamenti volti al controllo del peso.
In pratica, il numero di diete iniziate da un soggetto è un elemento importante per comprendere la situazione, esattamente come lo sono i tentativi di disintossicarsi per un tossicodipendente, conclusi con un nulla di fatto.
Diventa in realtà importante comprendere che non si tratta di prove davvero fallite, ma di indizi di una situazione che deve essere fermata e che nella testa della persona affetta da dipendenza da cibo si deve concretizzare, velocemente, prima di percepire di nuovo la fame.
Si tratta di un bisogno di fare diete, di un’inclinazione a iniziarne in continuazione, a pensare alla dieta costantemente, a cercare costantemente la migliore da intraprendere o iniziarne di drastiche: sono tutti segnali di un disagio, di una dipendenza da cibo che conduce a un disagio psicologico o che si origina da un disagio psicologico.
Il soggetto incapace di gestire il suo rapporto col cibo trova conforto efficace solamente nel privarsene totalmente e in maniera drastica, poiché è l’unico modo che ha di controllare un disagio, quello di non avere la libertà di mangiare – un’imposizione impossibile da realizzare -.
Perciò, l’individuo che presenta dipendenza da cibo tende a inseguire ambiti controllati, strutture in cui farsi ricoverare, centri dimagranti, con lo scopo di decretare la privazione della libertà di mangiare come controllo dell’impulso.
In ogni caso, la dipendenza da cibo è indirizzata man mano ad avvicinarsi a un peso maggiore rispetto a quello agognato, ma lo stress per il raggiungimento del peso ideale è costante, assieme a tutte le ansie che questo comporta e che ingigantiscono la visione della realtà.
La conseguenza di un fallimento nel controllo del peso comporta un disagio nell’intera esperienza dia vita del soggetto, fino al completo isolamento, alla depressione e a volte all’autolesionismo o a pensieri suicidi.
IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELL’ALIMENTAZIONE, VAGLIAMO CURE E SOLUZIONI
Sicuramente è vero che alcuni di questi farmaci possono apportare una riduzione nel peso, ma non succede sempre e comunque spesso avviene all’inizio e in pazienti che li assumono per far fronte ad altri problemi, non per dimagrire. Ad esempio, nel caso della bulimia la cura può non supporre per forza la necessità di dimagrire.
Viene da chiedersi se la cura definitiva non si nasconda in realtà in un’inversione di rotta dello stile di vita imposto nella società dei consumi; clamorosamente, siamo arrivati a uno scenario in cui è molto più semplice ingrassare velocemente, piuttosto che morire di stenti, il contrario di ciò che avviene in altre parti del globo.
Un clochard americano, pur non possedendo nulla, è in grado di alimentarsi quasi esclusivamente di grassi, zuccheri e calorie extra, mentre un bracciante africano vive in perenne stato di nutrizione insufficiente.
Il nostro organismo è fortemente collegato alla nostra psiche, perciò va educato a riconoscere come fare a non cadere nella dipendenza da cibo, visto che il metabolismo è portato ad accumulare, sino al senso della sazietà che, comunque, di fronte a una psiche debole che viene posta davanti al cibo desiderato, non è destinato a durare a lungo.
Che questa Giornata Mondiale dell’Alimentazione possa far sì che ognuno di noi consolidi un rapporto sano con il proprio nutrimento.