La storia del Giappone è ricca di temperamento, forza, vendetta, resilienza. Un popolo mai domo che nasconde nel suo passato avvenimenti, battaglie e personaggi che hanno come denominatore comune la perseveranza. Quella dei samurai giapponesi.
I samurai giapponesi sono l’emblema del valore, la loro impronta è ancora indelebile in tutto il mondo: simbolo di coraggio. Un modo di vestire, di muoversi, di rispettare l’avversario e di morire con onore. Facciamo un breve cammino attraverso le vite impavide di alcuni di loro.
Samurai giapponesi: Tomoe Gozen, la guerriera senza timore
Dedichiamo il primo spazio ad una donna, una delle rare femmine riconosciute nella casta storica dei samurai giapponesi. La femminilità accostata al fango di un campo di battaglia, al sudore di un duello appena vinto, al sangue di un nemico ucciso. Tomoe Gozen. La sua forza è sbocciata durante la guerra Genpei, quando grazie alle sue prodezze ha inciso il suo nome all’interno di questa corporazione d’indomiti combattenti. Era abilissima nel combattimento corpo a corpo, una vera impresa batterla a stretto contatto.
Un vigore più potente di quello di un gorilla, un’agilità pari a quella di una gazzella, una rapidità simile a quella di un ghepardo. Di lei però si ricorda anche la bellezza straordinaria, una vera stella caduta dal cielo. Occhi scuri e profondi, capelli raccolti, un’armatura maschile che ne risaltava i muscoli. Una donna guerriera che combatte al fianco del marito Minamoto Yoshinaka. In molti ritengono che quella di Tomoe sia solo una leggenda e che, in realtà, il suo ruolo non sia mai stato così determinante.
Il suo mito però ha convinto anche i più scettici perché comunque c’è certezza che sia sopravvissuta più del marito. La storia la vede ancora in piedi dopo la morte di Yoshinaka: un dipinto la ritrae combattere contro cinque nemici vicino al cadavere del compagno. Si narra che dopo quell’ennesima vendetta abbia deposto le armi. Tutti ritengono che in seguito sia diventata monaca e abbia trascorso gli ultimi anni lontano dalla vita militare.
Lei è tutt’ora studiata in tutte le scuole giapponesi come simbolo della potenza femminile e mostrata come esempio di fierezza, onestà, amore e rispetto verso il compagno.
Samurai giapponesi: Musashi Miyamoto, il maestro della spada
Una vera leggenda, una icona del sol levante, un nome che risuona ancora come quello di un uomo senza pari. La sua maestria nell’arte della spada era strettamente collegata al modo in cui si approcciava alla vita ed al combattimento. Aveva solo tredici anni quando vinse il suo primo duello mortale. Il suo avversario era un uomo maturo e quando venne trafitto dal ragazzino, i presenti capirono fosse nata una lama senza precedenti.
I duelli aumentarono e lui continuò a vincerli tutti. La sua fama crebbe in modo vertiginoso, la sua ferocia anche: dietro a lui una scia di cadaveri senza teste o gambe che avevano avuto la sfortuna di porsi davanti a lui. La sua lama aveva un’effige a forma di loto e luccicava come un pezzo di ghiaccio al sole. Era un ronin, un combattente senza padrone ed anche questo ne aumentava il fascino. Un uomo che nessuno voleva incontrare sul proprio cammino, un vero assassino senza scrupoli.
Viaggiò molto e perfezionò la sua tecnica giorno dopo giorno arrivando anche a combattere con due spade contemporaneamente. Usava la Katana – spada lunga – ed il Wakizashi – spada corta -, senza alcuna incertezza. I suoi movimenti armoniosi erano letali, ma avevano una grazia simile a quella di un ballerino. Era mancino, però i suoi colpi arrivavano con la stessa precisione e velocità anche dal braccio destro. Musashi vinse più di 60 duelli senza essere mai sconfitto o ferito.
La sua figura ha ispirato pittori, registi, fumettisti Manga, creatori di videogiochi. Le sue gesta hanno fatto la fortuna di molti suoi ammiratori che ne hanno sfruttato fama e virtù. Quest’uomo colto, al quale piaceva la filosofia e l’arte pittorica, era una vera macchina da guerra, ma il fatto che meditava molto lo ha rinchiuso anche all’interno di un alone intellettuale. Musashi era un umano ma aveva un dono tipico del supereroe, una spada affilata che ancora luccica all’interno dei libri di storia giapponese.
L’ultimo samurai: Yamaoka Tesshu
Non potevamo non porre l’attenzione nell’uomo che ha ispirato un genere e risvegliato l’attenzione globale sull’eroica categoria dei samurai giapponesi. Yamaoka Tesshu è stato un maestro di Kendo, fondatore della scuola senza spada, un personaggio dalla cruciale importanza storica. È vissuto nel periodo che ha segnato la transizione dal Giappone feudale all’era moderna. La sua abilità di guerriero emerse subito, già in età prescolare.
Sviluppò molto rapidamente una tecnica precisa ed incisiva, ma anche una grande curiosità verso la riflessione spirituale e la cultura. Una volta cresciuto si dedicò alla meditazione zen: un impagabile maestro nel mettere sullo stesso piano mente e corpo, un uomo curioso e aperto a nuove conoscenze. Tesshu cercò di mediare tra il governo Takugawa e le nuove forze imperiali. Un combattente che prima d’impugnare le armi tentò ogni via per mediare.
Voleva consigliare il giovane imperatore nel riconoscere il ruolo dei samurai, nel non distruggere il glorioso passato del Giappone, nell’andare verso il progresso senza seppellire la tradizione. La storia di questo condottiero valoroso s’interruppe nel 1888, lasciando la vita sul campo di battaglia per proteggere la sua romantica idea di Giappone.
Il famosissimo film di Tom Cruise parla di quel periodo, di quella terra selvaggia, di quegli uomini valorosi che non avevano paura a sacrificare la vita per un ideale, per un’idea che garantisse una continua crescita spirituale ed umana. Quel manipolo di ultimi samurai fieri di correre con le loro spade contro delle mitragliatrici. In quelle scene così crude e realistiche non è filmato uno stupido suicidio, ma un coraggio senza pari. I samurai giapponesi hanno rappresentato quanto sia importante un ideale e quanto sia indispensabile crederci fino all’ultimo respiro.