La Palestina prima del 1948 era un territorio ottomano che, con la fine della Prima guerra mondiale, divenne protettorato britannico: era un luogo a metà fra una colonia e uno stato indipendente. Prima della Seconda guerra mondiale la teoria sionista portò ad un massiccio movimento migratorio degli ebrei verso questa terra. In Palestina sarebbe dovuto sorgere uno stato indipendente per gli ebrei, ma non si erano fatti i conti con la popolazione che era già insediata lì.
Ci furuno da subito violenze fra ebrei estremisti e palestinesi e l’ONU propose la spartizione di quel territorio in due aree: uno stato israeliano ed uno stato palestinese. La Palestina è contraria alla spartizione fatta perché ritiene di aver ricevuto poca terra rispetto ai propri abitanti e non accetta l’esistenza di uno stato di Israele. Ognuno di noi in tutti questi anni si è fatto domande ed ha costruito una propria idea su questa guerra interminabile. L’argomento è decisamente complicato da analizzare per i troppi risvolti antropologici, sociali e religiosi. Cercherò di parlare solo di fatti, tralasciando opinioni e pensieri. La Palestina prima del 1948 era senz’altro diversa rispetto a quella odierna ma una difficile coesistenza è sempre stata la peculiarità più evidente.
LA PALESTINA PRIMA DEL 1948: LA GEOGRAFIA
Prima del 1948 la Palestina era molto diversa. Lo dimostrano alcune mappe risalenti al Mandato Britannico, di cui vi abbiamo parlato. Stiamo parlando di un vastissimo patrimonio cartografico che mostra come il territorio, oggi caratterizzato da scontri e numerosissimi morti, abbia subito una profonda trasformazione dal punto di vista geografico e umano rispetto a 70 anni fa.
Non stiamo parlando di vecchie carte ingiallite sparse in chissà quali uffici amministrativi. Oggi è possibile vedere tangibilmente come il territorio sia cambiato grazie ad un progetto che si chiama Palestina Open Maps. Si tratta di una piattaforma accessibile a tutti dove vengono descritti confini geografici che non esistono più, città e villaggi ormai scomparsi, strade e collegamenti che questa assurda guerra ha cancellato.
Per darvi un’idea di base, stiamo parlando di 530 villaggi distrutti durante la costruzione dello stato di Israele. Oltre 700mila palestinesi costretti ad abbandonare la loro casa.
Palestina Open Maps permette di capire cos’è successo a quei 530 villaggi prima dei fatti del 1948. Sono stati abbandonati? Sono stati rasi al suolo o sono diventati la base per la nascita di comunità ebraiche? Dove erano collocati? Basta digitare dall’elenco il nome di un centro abitato, disponibile in una comoda lista, per scoprire qual è stato il suo destino.
Palestina Open Maps è un progetto ideato dall’architetto di Beirut Ahmad Barclay, il quale ha rilasciato soltanto una unica dichiarazione:
Mostrare i villaggi che sono stati distrutti o abbandonati su uno schermo attraverso le mappe significa che quello che è successo è inconfutabile. Il livello di dettaglio delle mappe è accuratissimo e molti elementi topografici, come i confini di proprietà, sono facilmente distinguibili. Ho speso molti anni della mia vita su questo lavoro per sostenere le rivendicazioni che i palestinesi possono avanzare su territori, da cui provenivano genitori e nonni, e che oggi sono in mano altrui.
KIBBUTZ
Già dal 1910 sono sorti in Palestina i primi Kibbutz. Letteralmente significa riunione comune e si tratta di comunità agricole a gestione collettiva nate per opera del movimento sionista. I Kibbutz si basano su regole rigidamente egualitarie e sul concetto di proprietà collettiva, non privata. Il terreno su cui ciascuna comunità è stanziata e l’insieme dei beni che ne fanno parte, sono di tutti i facenti parte della comunità.
Sono nati grazie agli ideali socialisti di uguaglianza e di lavoro a favore dell’altro. Questo comporta che ogni singolo individuo appartenente al Kibbutz deve lavorare per gli altri, ricevendo in cambio a sua volta i frutti del lavoro degli altri. Strutture nate per andare contro al consumismo di stampo occidentale.
Il Kibbutz è stato uno degli elementi fondamentali nello sviluppo di Israele: ha mostrato l’ideologia e la forza di chi dimostra di non aver bisogno di nessuno e la durezza di chi con agricoltura e sudore sussiste rinunciando al superfluo. Dopo la fondazione dello Stato d’Israele, i Kibbutz hanno conosciuto un periodo di declino, dovuto agli inevitabili compromessi ideologici.
In alcuni casi sono stati costretti, loro malgrado ad accettare lavoro esterno palestinese. La direzione del Kibbutz è ancora oggi formata da un numero ristretto di persone, e le decisioni vengono prese nell’assemblea generale. L’ordinamento interno riguardante l’educazione dei bambini era fino a non molti anni fa piuttosto ferreo, in quanto non potevano nemmeno vivere assieme alla famiglia ma in una struttura chiamata la casa dei bambini.
Oggi i kibbutz israeliani allevano i figli all’interno di queste grandi famiglie allargate, radicando sempre in ognuno di loro i valori di condivisione e identità religiosa e ideologica.
LA PALESTINA PRIMA DEL 1948: UNA TERRA DURA DA SEMPRE
La Palestina è compresa tra il Mar Mediterraneo, il fiume Giordano, Il Mar Morto e poi a scendere sino al Mar Rosso e ai confini dell’Egitto. È un territorio caratterizzato da insediamento umano di antichissima data, abitato da popolazioni umane stabili sino dalla preistoria. La città di Gerico è ritenuta il sito abitato più antico al mondo, essendo nato intorno al 9000 A.C.
È una terra dura da sempre, fatta da una popolazione tenace ed abituata ad essere insediata, attaccata, dominata. Provincia sotto l’Impero Romano, sfruttata e spremuta per tutto ciò che poteva offrire. Poi nuovamente schiacciata dall’Impero Bizantino e dai califfati arabi. È considerata la Terra Santa da ebraismo, cristianesimo e Islam e questo mix di religioni è stata la sua vera condanna.
Credo nessuno abbia le competenze per sancire giusti e rei, vincitori e vinti. Questa breve analisi però ha voluto mettere alla luce il carattere orgoglioso e combattivo di due popolazioni. Ognuno ha la convinzione di avere più diritti dell’altro ad abitare lo stesso appartamento. A nessuno degli inquilini va bene mettere un lenzuolo che divida in due la casa.
Entrambi sono nati da genitori tenaci e battaglieri: hanno stilato in loro la presunzione di potercela fare da soli, di non avere bisogno della condivisione, di essere pronti a morire pur di stringere la mano al nemico. Commentare tutto questo e schierarsi con certezza da uno dei due lati appare necessario ma al momento inutile.