Le crisi umanitarie nel mondo sono tante, troppe. Il sistema degli aiuti umanitari internazionali è in sovraccarico e non riuscirà a lungo a sostenerne la portata. L’unica cosa certa è che la maggior parte degli esseri umani sulla terra, non sanno di cosa si tratta e non conoscono realmente il significato di questa definizione.
Povertà, fame, assenza di diritto allo studio o alla parola, condizioni igienico-sanitarie disperate, mancanza di diritto alle cure mediche, crisi politiche, persino schiavitù. Che cosa si intende per crisi umanitaria? Quali sono le cause, le conseguenze e le responsabilità? Gli aspetti che caratterizzano le crisi umanitarie sono fortemente eterogenei. Oggi parliamo di quelle, fra tante, che colpiscono il Burkina Faso e la Libia.
CRISI UMANITARIE IN BURKINA FASO E LIBIA
Il Burkina Faso, come la maggior parte degli stati del Sahel, in questo momento è vittima di una fra le più forti crisi umanitarie: guerra e instabilità politica stanno creando una pericolosa situazione di tensione. Golpe militari e attacchi jihadisti feriscono continuamente il paese; il cambiamento climatico, inoltre, influisce prepotentemente sulle dinamiche economiche. Numerose sono le aree colpite dalla siccità.
Il Sahel è uno dei principali luoghi di inizio delle lunghe rotte percorse dai migranti. Uno dei primi punti di arrivo è la Libia. La risposta del paese ospite è ostile. In molti stati del Maghreb il razzismo influisce in maniera determinante alle domande d’aiuto di chi viene dal resto dell’Africa. Già da anni si sta diffondendo una politica di contenimento dei flussi migratori basata sulla violenza. Una nuova crisi umanitaria si presenta di fronte a migliaia di persone che scappano da situazioni insopportabili.
CRISI UMANITARIE: IL BURKINA FASO
Lo stato si trova nel sud ovest del Sahel, una fascia di paesi confinanti a nord con il Maghreb. Il Burkina Faso è vittima di numerosi colpi di stato causati principalmente dall’insurrezione jihadista che si è sollevata nel nord-est del paese. Il gruppo terroristico di matrice islamica minaccia la libertà degli abitanti e gli organi politici non sono in grado di contenerlo.
Secondo una stima effettuata dall’Ong Armed conflict location and event data project, 17 mila uomini, tra cui anche civili, sono morti a causa dei continui attacchi, inoltre, più di due milioni di persone sono state costrette a lasciare la loro abitazione. Come storicamente avviene in situazioni di difficoltà e di crisi umanitarie, l’instabilità degli organi governativi porta a dare maggiore potere ai militari, custodi della forza armata del paese.
Nel gennaio del 2022 il loro malcontento riguardo l’incapacità dei superiori di difendere i propri confini ha portato ad un colpo di stato e alla successiva destituzione del presidente eletto Roch Marc Christian Kaboré. La stessa sorte è toccata al suo successore: il 30 settembre 2022 il colonnello Ibrahim Traoré sale al potere. Il suo volto diventa il simbolo dei moti sovversivi nel paese.
Quello del 30 settembre è stato il secondo colpo di stato riuscito in 8 mesi, ma non l’ultimo: il 26 settembre 2023, a Ouagadougou, la capitale, migliaia di persone sono scese in piazza per esprimere solidarietà all’ennesimo golpe.
Il motivo della manifestazione è dovuto al sostegno di parte della popolazione ad un nuovo colpo di stato, la cui notizia si è diffusa via social. Il 27 settembre il governo, tramite un annuncio in tv, comunica che è riuscito a contenere le mire dei sovversivi. Si è evitato in questo modo l’intensificarsi della crisi umanitaria.
Il processo di consolidamento della democrazia in Burkina Faso viene costantemente minacciato.
Intorno alla metà dello scorso settembre 192 mila profughi interni sono potuti tornare nelle loro abitazioni prima occupate dagli jihadisti. Una notizia positiva che si spera sia l’inizio di un cammino che sembra ancora molto lungo.
LA CRISI LIBICA
La crisi umanitaria in Libia colpisce ogni anno migliaia di rifugiati: i migranti spesso sono costretti a vivere in situazione insostenibili, tra violenza e malattie. Ogni evento che è determinante nella politica di uno stato porta a conseguenze che inevitabilmente influiscono sugli stati limitrofi creando una catena di contingenze che arrivano fino ai populismi scandinavi.
L’immigrazione dai paesi africani è un problema che interessa soprattutto altri stati dello stesso continente. Il flusso più intenso è quella che mira ad arrivare in Maghreb. Si viene a creare una situazione difficile da gestire in paesi che già combattono contro enormi problemi sociali. In Tunisia si risponde con il razzismo e la violeza, in Libia si è arrivati alla tortura e allo schiavismo.
Una nota del 31 agosto del 2023 dell’ONU riporta che migliaia di migranti e richiedenti asilo detenuti in varie strutture nella Libia occidentale devono affrontare trattamenti disumani, tra cui la negazione dei diritti legali, la deliberata negligenza medica, la tortura fisica e psicologica, l’estorsione e le molestie sessuali.
Mohamed al-Khoja, nominato dal governo libico, è attualmente il responsabile del controllo sulle migrazioni illegali. Un capo milizia su cui sono ancora aperte indagini da parte degli ispettori ONU per violazioni dei diritti umani, crimini di guerra e altri traffici illeciti. In questa grave situazione di crisi umanitaria l’europa non può porsi come parte non coinvolta.
L’Unione Europea dal 2017 ha stanziato 57,2 milioni di euro per la gestione integrata delle frontiere e della migrazione in Libia, inoltre nel novembre del 2022 ha annunciato un piano economico per aumentare il sostegno al paese del Maghreb.
In un mondo globalizzato, i rapporti che ci legano tra continenti sono fitti e impossibili da tagliare. Più che sentirci vittime di altre vittime, invasi da chi scappa, sarebbe meglio ragionare con la consapevolezza di essere coinvolti in dinamiche che non finiscono al termine della punta dello stivale.