Appropriazione culturale: di cosa si tratta, i casi più celebri

Appropriazione culturale: di cosa si tratta, i casi più celebri

Il concetto di appropriazione culturale è da un po’ di tempo al centro di diversi dibattiti, soprattuto in ambito artistico dove la contaminazione è da sempre il fulcro della creazione stessa e la commistione di stili e influenze diverse soggiace alla nascita di un’idea.

 

Per appropriazione culturale si intende l’adozione di simboli, immagini, oggetti, idee e stilemi di una civiltà da parte di una cultura dominante. In poche parole si tratta di prendere spunti e acquisire contenuti, in un certo senso di impossessarsi, in maniera inconsapevole o meno, di un elemento materiale o immateriale, appartenente a una cultura tradizionale al di fuori del suo contesto originario.

Molti studiosi considerano il fenomeno dell’appropriazione culturale strettamente legato alle logiche del periodo coloniale, una sorta di spoliazione insomma di determinati significati tradizionali. In questo senso è come se il simbolo perdesse la forza del suo potere originario riducendosi a mera merce. Non sempre ovviamente ci si trova di fronte a una appropriazione culturale indebita. Molto spesso si tratta di valorizzare, omaggiare, creare una forma d’arte nobile a tutti gli effetti.

 

L’APPROPRIAZIONE CULTURALE NEL MONDO DELL’ARTE

 

Appropriazione culturale: di cosa si tratta, i casi più celebri

 

Nel mondo dell’arte l’appropriazione culturale diviene ricerca artistica, studio di altre culture, rielaborate secondo la visione personale dell’artista. Il cubismo, ad esempio, si ispirava fortemente al primitivismo.

Picasso ne Les Demoseilles d’Avignon dipingeva figure femminili a metà strada tra l’arte egizia e le maschere di chiara derivazione africana. Alberto Giacometti rielaborava le sculture palo dell’Africa Orientale le sculture Nyamwezi della Tanzania nelle sue famose figure allungate, esprimendo le origini più arcaiche dell’umanità.

Come non ricordare inoltre Due donne tahitiane di Paul Gauguin. Nel Novecento, si ispirarono inoltre alle maschere tribali Kirchner, Modigliani, Brancusi, Max Ernst, Joan Mirò e Arnolodo Pomodoro.

 

L’APPROPRIAZIONE CULTURALE NELLA MUSICA

 

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Anche nell’industria musicale ci sono esempi di appropriazione culturale. La musica da sempre ha rielaborato suoni e visioni provenienti da altre culture precedenti. Elvis Presley ha attinto, ad esempio, dalla musica afroamericana. I Rolling Stones si sono ispirati all’R&B e al blues afroamericano e persino i Led Zeppelin in D’Yer Mak’er hanno guardato al reggae. Madonna ha fatto spesso suoi, soprattuto nel look, elementi di diverse culture. La trap è una variante hip-hop proveniente dal Sud degli Stati Uniti e nata nei primi Anni Novanta. La nuova ondata del genere rappresenta sicuramente un fenomeno di appropriazione culturale con risultati non sempre esaltanti.

Caso emblematico di appropriazione culturale è il brano di Cher, Half-Breed, in cui si prendono in prestito elementi della cultura dei nativi americani e dove si affrontano i dubbi di una ragazza metà bianca e metà Cherokee. Alcune critiche sono state rivolte alla rappresentazione in video del pezzo.

Di critiche relative all’appropriazione culturale da parte di star della musica pop ce ne sono state molte: da Adele, che durante un carnevale di Nothing Hill, si è fatta fotografare con la bandiera giamaicana e capelli legati con la tecnica Bantu, passando per Katy Perry, contestata per aver utilizzato stilemi dell’Antico Egitto nel video di Dark Horse e per essersi vestita da geisha durante un live, per Miley Cyrus e i suoi dread, fino ad arrivare a Beyoncé, tra l’altro di origine afroamericane, accusata per il suo progetto Black Is King e Gwen Stefani, con le sue ballerine giapponesi, le Harajuku Girls, durante il tour di promozione dell’album Love. Angel. Music. Baby.

 

IL FENOMENO NEL MONDO DELLA MODA

 

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Se c’è un settore in cui il concetto di appropriazione culturale si esprime al meglio è sicuramente quello dell’industria della moda e anche per questo ha ricevuto, più di altri ambiti, diverse accuse a riguardo. Sono infatti tanti i brand che mescolano culture e si ispirano all’universo straniero per realizzare i propri capi.

Di esempi ce ne sono davvero molti. Nel 2019, Alessandro Michele, allora direttore creativo di Gucci, è stato criticato per aver fatto indossare ai suoi modelli bianchi turbanti Sikh, hijab, bindi, copricapi provenienti dal mondo orientale e arabo. Nel 2018, lo show di Shanghai di Victoria’s Secret è stato tacciato di appropriazione culturale per l’utilizzo di riferimenti alla cultura nativa americana e alla presenza di poche modelle asiatiche nonostante l’evento fosse in Asia.

Si potrebbe continuare all’infinito citando le sfilate del 2017 di Marc Jacobs, con modelli in prevalenza bianchi con i dreadlocks rastafariani, oppure gli occhiali gioiello della dinastia Moghul di Tiffany&Co.

Ci sono anche casi in cui la moda si è fatta vera e propria portavoce di patrimoni e tradizioni come nel caso delle collezioni Roxwear, fondata dalla designer kazaka Roxana Adilbekova, e  Celebrasian, volta a valorizzare il patrimonio storico-culturale dell’Asia Centrale. Da non dimenticare Sabyasachi Mukherjee, primo artista indiano a sfilare alla Fashion Week di Milano,  che inserisce sempre nei sui abiti elementi della sua cultura d’origine.

 

COSA E’ SUCCESSO NEL CINEMA

 

Appropriazione culturale: di cosa si tratta, i casi più celebri

 

Se guardiamo ai fenomeni di appropriazione culturale in ambito cinematografico non si può non menzionare infine il recente caso che ha destato scalpore durante la 80ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e le critiche mosse da Pierfrancesco Favino al film Ferrari di Michael Mann:

C’è un tema di appropriazione culturale, non si capisce perché non io ma attori di livello come Toni Servillo, Adriano Giannini, Valerio Mastandrea non sono coinvolti in questo genere di film che invece affidano ad attori stranieri lontani dai protagonisti reali delle storie, a cominciare dall’accento esotico. Se un cubano non può fare un messicano perché un americano può fare un italiano? Solo da noi. Ferrari in altre epoche lo avrebbe fatto Gassman, oggi invece lo fa Driver e nessuno dice nulla. Mi sembra un atteggiamento di disprezzo nei confronti del sistema italiano, se le leggi comuni sono queste allora partecipiamo anche noi.

Queste le sue dichiarazioni in merito al film, che hanno fatto discutere e creato una sorta di dibattito nel dibattito.

Analizzando infine l’universo del cinema di animazione la Disney è stata negli anni spesso accusata di appropriazione culturale. Un esempio su tutti è il caso della frase Hakuna Matata ne Il Re Leone. L’attivista dello Zimbabwe Shelton Mpala ha lanciato una vera e propria petizione contro la società a riguardo.

Dai vari casi sopraelencati è chiaro che il concetto di appropriazione culturale resta un ambito di discussione delicato, dai confini labili, in cui gli orizzonti tendono spesso a fondersi e confondersi.

L’augurio resta quello che si possa guardare alle culture altre senza pregiudizio alcuno, prendendo anche spunto da esse, evitando però di svuotarle totalmente dei loro significati originari.

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