Eccolo, quel momento in cui il mondo del cinema viene letteralmente sconvolto da una storia indimenticabile, premiata ed omaggiata per la semplicità della sua grandezza: quello in cui Forrest Gump debutta nei cinema americani. In pochi sanno, forse, che in questo racconto lungo una vita vi è anche un piccolo aneddoto…tratto da una storia vera.
Sfido chiunque a non aver mai pronunciato frasi entrate ormai a far parte di ogni linguaggio comune, come: Stupido è chi lo stupido fa o La vita è uguale a una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita. Forrest Gump debutta nei cinema americani il 9 luglio del 1994 ed è entrato a pieno titolo a far parte della coscienza collettiva.
FORREST GUMP DEBUTTA NEI CINEMA: NON STUPIDITA’ MA PROFONDITA’ D’ANIMO
La rabbia spontanea che abbiamo provato nei confronti dei personaggi che lo sminuivano e lo deridevano, deriva dalla capacità dell’ingenuo, generoso, dolce e a suo modo intelligente Forrest Gump, di conquistarci.
Un animo profondo ma allo stesso tempo leggero come la piuma, quella piuma portata dal vento all’inizio del film, laddove leggerezza non è sinonimo di superficialità ma di purezza.
Forrest, seduto su una panchina, racconta a degli estranei che a turno siedono accanto a lui, un trentennio passato della sua vita, partendo dall’infanzia. L’amore lungo una vita per Jenny, il rapporto con l’amata madre e la storia dell’America in cui ha vissuto, da Elvis, alla guerra in Vietnam, a Kennedy. Tutte cose che ha toccato con mano o visto da vicino, vivendole con la naturalezza di chi ne è inconsapevole.
LE INGIUSTIZIE DELLA VITA DI FORREST GUMP A CUI PROPRIO NON RIUSCIAMO AD ARRENDERCI
Liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Winston Groom, il film debutta nelle sale proprio il 6 luglio del 1994, registrando in seguito incassi per ben 680 milioni di dollari. Un successo meritato e premiato nel 1995 con sei Oscar: Tom Hanks, per l’appunto, vince l’Oscar come miglior attore protagonista, il secondo di fila dopo quello per Philadelphia.
Profondo, filosofico, leggero, doloroso, romantico, vero. Forrest Gump è uno di quei capolavori come se ne vedono pochi al giorno d’oggi, probabilmente una delle interpretazioni più amate e riuscite di Tom Hanks.
La grandezza dell’attore è stata, probabilmente, la perfezione con la quale è riuscito a riempire di bellezza il personaggio di Forrest, giovane uomo affetto da lieve ritardo o, forse, semplicemente da quella bontà pura ed eterna di chi interpreta la vita solamente con il cuore, come tutti dovrebbero fare.
Lo strano, lo svitato, lo stupido, si trasforma nell’uomo più forte e affidabile di tutti, a dispetto di tutti coloro che interpretano la vita con cinismo e arrivismo. Diventa ricco ma non ostenta, né dà reale peso alla sua ricchezza. Utilizza solo ciò che gli occorre davvero, donando il resto agli altri.
Lui, l’unico che non lo ha mai chiesto né desiderato – e forse proprio per questo – è riuscito a comparire in tantissimi momenti clou della storia americana, anche fisicamente: cambiamenti sociali, avvenimenti politici, incontri con grandi personalità del mondo della cultura.
LA VERA STORIA NELLA STORIA
Per questi motivi, stupisce forse il fatto che Winston Groom, autore del libro da cui il film di Forrest Gump trae ispirazione, non abbia apprezzato la pellicola. L’ha ritenuta troppo differente rispetto alla sua storia, oltre al fatto che nella sua mente il protagonista sarebbe dovuto essere John Goodman.
C’è un elemento, comunque, non presente nel libro, effettivamente tratto da una storia vera. Forrest corre – non è Tom Hanks a correre ma suo fratello Jim -, quando è piccolo per fuggire dai suoi compagni, riuscendoci nonostante i tutori alle gambe. Corre per rilassarsi quando è agitato, per arrivare dalle donne della sua vita – la madre e Jenny -. Ma più di tutto, corre perché ne ha voglia.
La corsa è l’anello di congiunzione di tutti i momenti della sua vita, la costante di tutta la sua esistenza.
In pochi sanno, probabilmente, che nel film questo elemento sia stato tratto da una storia vera, quella di Louis Michael Figueroa che, nel 1982, a 16 anni, aveva corso dal New Jersey fino a San Francisco – ovvero, per tutti gli Stati Uniti in diagonale – per sostenere l’American Cancer Society. Anni dopo, lo fa per sensibilizzare le persone alla lotta contro la leucemia. Successivamente, lo rifà per sensibilizzare contro la violenza sui minori.
Ecco, quindi, la cifra distintiva di entrambi: la corsa diviene metafora della vita del personaggio ed educa a credere in se stessi, a dispetto di ciò che dicono gli altri.
Forrest riesce a ballare anche se da piccolo la sua colonna vertebrale era completamente compromessa. Nonostante i ferri alla gambe che gli immobilizzavano totalmente gli arti, corre così veloce da spezzarli e lasciarsi alle spalle i bulli che lo deridono e lo colpiscono con delle pietre.
Forrest Gump può fare tutto, con la calma e la bontà d’animo di chi non si attacca a nulla di ciò che è materia e materiale.
C’insegna a continuare a vivere, nonostante tutto, cercando di fare la propria parte nel mondo.
C’insegna a tendere la mano sia ai buoni che ai cattivi.
C’insegna a correre senza gambe, a ballare con la schiena storta, a creare un impero quando il mondo non ci ritiene all’altezza.
C’insegna a non arrenderci.
C’insegna a vedere le cose da punti di vista opposti: siamo sicuri fosse lui, il vero stupido?